Andare in vacanza e avere ancora la testa al lavoro. Capita spesso, ma ci sono 5 cose da fare che possono aiutarci a staccare.
Godersi appieno le ferie è fondamentale per rigenerarsi e riscoprire quegli aspetti di noi stessi che spesso tendiamo a sacrificare sull’altare del lavoro. Ma non dobbiamo avere paura di oziare un po’ e meno che meno sentirci in colpa perché abbiamo necessità di staccare la spina dalle attività lavorative.
Estate, tempo di viaggi e di partenze, di distacco e relax. In particolare dal lavoro, un’attività sempre più al centro della nostra vita. Non serve che pensare a un dato. Come rilevato da un sondaggio Glickon, società attiva nel mercato software dell’HR tech per medie e grandi aziende, trascorriamo oltre 90 mila ore della nostra esistenza a lavorare e 200 ore all’anno a sognare di andare in vacanza.
Ma quando arriva il momento dell’agognata vacanza, poi riusciamo davvero a staccare – col pensiero, ma anche in pratica – da ogni attività lavorativa? Ci godiamo davvero il tempo libero senza pensare a cosa succede in ufficio, ai colleghi ai quali abbiamo delegato le nostre mansioni, ai mille progetti lavorativi? E ancora: siamo in grado di resistere alla tentazione di controllare lo stato del diluvio di e-mail che intasa la nostra casella di posta a ogni ora del giorno e in qualunque posto del mondo?
Secondo quanto emerge dal sondaggio, in vacanza siamo davvero molto poco capaci di dire stop al lavoro, che ci segue anche sotto l’ombrellone. Più di 4 lavoratori su 10, infatti, non riescono a staccare e controllano le e-mail di lavoro anche quando sono in ferie. Il 20% afferma invece di sentire il dovere di rendersi comunque reperibile e disponibile anche in vacanza, al punto da portarsi dietro anche il pc portatile e il cellulare aziendale.
Tutti comportamenti da stakanovista in servizio permanente e effettivo che accomunano differenti generazioni. Così se per i Millennial lo stakanovismo rientra nel concetto di “flessibilità” (bisogna adattarsi, è il mantra con cui sono stati cresciuti), per la Generazione X e i Boomer la tendenza al superlavoro è la conseguenza di un modello lavorativo improntato all’overworking (il lavoro in eccesso che affatica e logora).
In controtendenza invece sembrano andare gli ultimi arrivati nel mondo del lavoro: i giovani della Generazione Z, ben consci del rischio di cadere nel workaholism: l’ubriacatura da lavoro.
Il lavoro insomma può diventare una dipendenza, una sorta di mania ossessivo-compulsiva che porta a vivere per lavorare e non, come sarebbe normale, a lavorare per vivere. Da qui la ricerca delle giovani generazioni di un bilanciamento più sano tra lavoro e vita privata, con una scala di priorità ben definita, qualunque sia il livello di avanzamento della propria carriera.
Diventa dunque di fondamentale importanza staccare dal lavoro o quantomeno imparare a farlo. Da questo punto di vista le vacanze sono una chance irrinunciabile. E converrà saperla sfruttare al meglio per ritrovare una “centratura” che i ritmi frenetici della vita lavorativa sembrano averci fatto perdere o, se va bene, sfocare parecchio.
Che fare dunque? Come comportarsi in pratica per riuscire finalmente e beneficiare della pausa estiva? Sempre Glickon ha chiesto a Monica Bormetti, psicologa del lavoro esperta di formazione e coaching su work-life balance e benessere digitale, 5 consigli per riuscire a staccare davvero dal lavoro e godersi le meritate ferie estive.
Cerchiamo di capire allora quali sono le cose che possiamo fare per “disintossicarci” dai ritmi pressanti che il lavoro ci ha imposto durante l’anno e che sembrano voler condizionare anche la nostra vacanza. Guadagnare la nostra indipendenza non potrà farci che bene.
Qualcuno ha definito la nostra una «società della stanchezza» dove il superlavoro finisce per logorarci tutti (al punto da ridurci a essere troppo stanchi perfino per dormire). Altri parlano invece di una società 7 x 24, dove una platea di lavoratori flessibili è mobilitata sette giorni su sette, ventiquattro ore su ventiquattro nelle attività lavorative.
Le nuove tecnologie (a cominciare dai telefonini) hanno permesso di sottrarre tempo libero ai dipendenti. I quali si sentono in dovere di essere reperibili in qualsiasi momento della giornata e a qualsiasi latitudine. Risultato: già nel 2006 una ricerca Usa mostrava come il 34% dei lavoratori mantenesse il contatto con l’ufficio anche in vacanza. Secondo ricerche più recenti un 10% dei lavoratori americani usa addirittura il superlavoro come “autocura” contro l’ansia e la depressione.
Non meraviglia dunque che in un mondo dove un’ideologia del superlavoro esalta le fatiche lavorative e denigra l’ozio (ridotto a semplice “far nulla”) emerga il fenomeno dello stress-laxing. Si tratta dello stress che ci piomba addosso proprio nel momento in cui, in teoria, dovremmo levarcelo di torno. Ossia nel tempo libero quando invece l’unica cosa che dovremmo (e vorremmo) fare è solo quella di rilassarci un po’.
Il consiglio della psicologa è dunque quello di rivalutare l’ozio come era inteso in passato. Ovvero non come una specie di pausa lavorativa prolungata, ma come facoltà rigeneratrice di tutto il nostro essere. Altro che padre dei vizi! Oziare (l’antico otium) vuol dire andare alla riscoperta dei momenti di riposo, contemplazione, gioco, amore per la bellezza e le cose buone della vita.
La vacanza deve essere un momento per concederci questa sana, sanissima pigrizia capace di rigenerarci. Senza coltivare infondati sensi di colpa verso presunti “doveri” lavorativi. Il primo dovere è quello di prenderci cura del nostro equilibrio personale.
Legata al recupero dell’ozio è l’individuazione di qualcosa che ci piace fare e che nutra la nostra anima, facendoci stare bene nella nostra vita di tutti i giorni. Il consiglio è quello di trasformare questa benefica attività in un «rituale di benessere, facendola diventare una piacevole abitudine da seguire con regolarità.
Le vacanze possono essere il momento giusto per riscoprire il vero significato di benessere, che non può risolversi in un frenetico attivismo lavorativo che ci impone di essere costantemente in modalità “on”. Sempre accesi, attivi, operativi, reperibili: non va bene. Questa è solo la ricetta per sfiancare le nostre energie.
Non sempre è facile interrompere all’istante l’abitudine di portarci dietro il lavoro anche fuori dall’ufficio. Premere il tasto “off” può risultare praticamente impossibile. Ma si può essere realisti facendo di necessità virtù. Vale a dire provare almeno a arginare il dilagare del lavoro all’interno della nostra vita privata.
Come? Impostando dei limiti chiari e praticabili tra lavoro e tempo libero. Mettere alcuni paletti può essere già un buon esercizio per trovare un sano equilibrio nelle nostre giornate.
Ad esempio: se in vacanza abbiamo sempre controllato ossessivamente le e-mail professionali, quest’anno possiamo cercare di limitare la lettura dei messaggi di posta elettronica a determinati orari e a determinati luoghi. In modo da evitare che questa abitudine diventi pervasiva, trasformandosi in un pensiero fisso che invade le nostre ferie.
Praticare il self-care è importante. Darsi all’ozio non significa abbracciare lo svakking, lasciandosi andare completamente. Anche in ferie dobbiamo prenderci cura di noi stessi, sia sul piano mentale che su quello fisico.
Questo significa non rinunciare a fare una regolare attività fisica, ad alimentarsi in maniera sana, a dormire un sufficiente quantitativo di ore. Ma non dobbiamo trascurare anche di coltivare la nostra anima, meditando e contemplando, leggendo un buon libro. Tutte attività “nutrienti” per la nostra interiorità da cogliere assolutamente in vacanza per rigenerarci.
Imparare a “relativizzarsi” un po’ è importante. Uno dei modi per non credersi onnipotenti, i soli capaci di assolvere al meglio una mansione è avere l’umiltà di delegare a qualcuno i nostri compiti evitando di voler fare tutto da soli.
Perciò ogni tanto quando serve dobbiamo imparare a dire di no. È vitale non sovraccaricarci di lavoro quando vediamo che l’attività professionale si “mangia” ogni nostra passione o interesse personale. Ciò ci permetterà di crescere come persone, con ricadute positive anche sul lavoro. Alleggerirsi un po’ dalla pesantezza grazie a un semplice no può davvero renderci più liberi.
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