Un’équipe di ricercatori degli Stati Uniti e del Belgio ha scoperto qualcosa di molto importante sul Parkinson: ecco l’avvisaglia da non sottovalutare.
Una delle malattie più gravi che possano colpire anche prima della vecchiaia è il Parkinson, una patologia neurologica purtroppo molto diffusa. Tale condizione deriva dalla diminuzione di una sostanza nel cervello chiamata dopamina e che è caratterizzata da un progressivo rallentamento dei movimenti. Purtroppo non esiste una cura risolutiva per questa malattia, né un trattamento veramente efficace per ritardarne la progressione. Ma giocare d’anticipo, prestando attenzione a tutti i sintomi e le avvisaglie, può essere molto utile per il paziente e per i suoi familiari.
Una ricerca condotta di recente da un’équipe di ricercatori degli Stati Uniti e del Belgio apre un importante spiraglio su questo fronte. Gli studiosi hanno analizzato le cartelle cliniche di 24.624 americani con Parkinson. E hanno poi confrontato i dati con un gruppo di persone affette da Alzheimer, un altro gruppo di individui con emorragia cerebrale e, infine, con persone sane. La conclusione a cui sono giunti è che esiste un segnale di avvertimento precoce del Parkinson che colpisce il paziente di turno senza che se ne renda neppure conto. Vediamo insieme tutti i dettagli della scoperta.
Il possibile nesso con i problemi intestinali
I ricercatori in questione suggeriscono che i problemi intestinali possono essere, in alcuni casi, un segnale di avvertimento precoce della malattia di Parkinson. In particolare, secondo gli scienziati costipazione, difficoltà a deglutire e intestino irritabile possono essere indicatori delle condizioni cerebrali tipiche di tale patologia. I risultati, pubblicati sulla rivista scientifica Gut, mostrano prove evidenti del nesso tra l’intestino e il cervello. E gli stessi ricercatori ritengono che comprendere la relazione tra i due organi potrebbe consentire un trattamento precoce del Parkinson, la malattia neurodegenerativa più diffusa dopo l’Alzheimer. Le stime prevedono addirittura un raddoppio dei soggetti che ne sono affetti nel prossimo futuro.
Come accennato, i pazienti ai quali viene diagnosticata questa patologia non hanno abbastanza dopamina (un neurotrasmettitore associato al piacere) nel cervello, poiché alcune delle cellule nervose che dovrebbero produrre quel neurotrasmettitore sono danneggiate. La mancanza di questa sostanza può causare tremori, movimenti lenti, rigidità muscolare. Per tale malattia non c’è (ancora) purtroppo una cura. E i trattamenti disponibili aiutano solo a ridurre i sintomi principali e mantenere una qualità della vita dignitosa il più a lungo possibile.
Nel caso di specie, i ricercatori hanno concluso che i pazienti affetti da problemi gastrointestinali presentano un più alto rischio di sviluppare la malattia, in particolare quelli con stitichezza. Tuttavia “rimane possibile che sia le condizioni gastrointestinali che il morbo di Parkinson siano collegati a un terzo fattore di rischio ancora sconosciuto“. Infatti, lo studio non attribuisce alcuna relazione tra causa ed effetto. In ogni caso, i risultati possono avere rilevanza clinica e dovrebbero certamente portare a ulteriori studi”, ha detto Kim Barrett, ricercatore presso l’Università della California Davis negli Stati Uniti, che non è stato coinvolto nello studio.
L’esercizio fisico come arma contro il Parkinson
Joaquim Ferreira, professore di Neurologia e Farmacologia Clinica presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Lisbona e Direttore Clinico del Senior Neurological Campus, e Ana Castro Caldas, coordinatore clinico del SNC, hanno spiegato a Lifestyle ao Minuto che il Covid ha ritardato le diagnosi e i trattamenti. E, di conseguenza, causato un “peggioramento delle denunce di ansia e sintomi depressivi, a causa del periodo difficile vissuto dai pazienti e dalle loro famiglie”. Oggi più che mai, per i pazienti con il Parkinson “il miglior trattamento per la malattia include un approccio multidisciplinare”.
Gli stessi esperti rimarcano l’importanza di svolgere esercizio fisico per prevenire questa terribile malattia. “Si pensa che la migliore strategia per evitare o ritardare la sua comparsa sia quella di svolgere un’attività fisica regolare”, spiegano Ana Castro Caldas e Joaquim Ferreira. Il Parkinson “tende a manifestarsi dopo i 55 anni. Tuttavia, sebbene sia meno comune, ci sono pazienti che iniziano ad ammalarsi prima dei 40 anni”. E “sfortunatamente, non esiste un trattamento che curi la malattia o ne ritardi la progressione. Né esiste un trattamento che possa prevenire o ritardare la sua insorgenza”.
Oltre ai tremori, ci sono cambiamenti associati alla malattia di Parkinson che a volte insorgono decenni prima della comparsa dei sintomi motori. “Oggi sappiamo che anni prima dell’insorgenza dei sintomi che portano alla diagnosi, i pazienti possono sperimentare stitichezza, diminuzione dell’olfatto, sogni vividi (mettere in scena i propri sogni, spesso incubi) e diminuzione dell’umore (sintomi depressivi)”, sottolineano Ana Castro Caldas e Joaquim Ferreira.
Ma “sebbene non vi sia dubbio che questi sintomi siano già associati alla malattia, non sono molto specifici, quindi la loro presenza da sola non consente di fare la diagnosi”. Mentre “i segnali di avvertimento che dovrebbero indurre a consultare subito un medico includono il manifestarsi di tremori a una mano o una gamba, di lentezza del movimento, diminuzione dell’equilibrio di un braccio”. Ma anche “il trascinamento di una gamba o cambiamento della grafia con lettere scritte sempre più piccole”.