Il tema della parità retributiva tiene banco in Unione europea, fondamentale in questo senso l’abolizione del segreto salariale
È una delle rivoluzioni strutturali che Bruxelles vuole portare a termine quella della parità dei compensi tra uomini e donne. L’Ue programma interventi che possano permettere di raggiungere il traguardo, tra queste la misura riguardante il segreto salariale.
Grazie alla nuova Direttiva Ue 2023/790 che è stata approvata a maggio, e che l’Italia dovrà recepire entro il 7 giugno del 2026, viene regolamentato il rapporto tra datori di lavoro e lavoratori con gli importi delle retribuzioni. Sarà infatti abolito il divieto per questi ultimi di rivelare liberamente l’entità dei propri compensi. Trasparenza ma anche tutele per chi si troverà discriminato a livello di stipendio, con possibilità di chiedere un risarcimento.
Un altro tassello che contribuirà a completare il mosaico dell’Unione, che conta di procedere spedita con la propria agenda: l’intenzione è annullare presto qualsiasi divario di genere nel trattamento economico. Su questo fronte, i numeri sono ancora poco confortanti, è vero. Tuttavia, si sta finalmente cercando di remare in un’unica direzione.
Via il segreto salariale, l’Ue lo abolisce: cosa cambia
Due persone che svolgono la stessa mansione potranno venire a conoscenza dei rispettivi compensi, è previsto nella direttiva Ue che si andrà ad applicare sia “ai datori di lavoro del settore privato che del settore pubblico”. A riportare la notizia è il Corriere della Sera, specificando che il nostro Paese è tenuto a recepire la modifica entro e non oltre il 7 giugno del 2026.
Tra i motivi che hanno spinto Bruxelles ad apportare una revisione, c’è la volontà di “rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne”. In particolare nei casi in cui si prenda in considerazione uno “stesso lavoro” o un “lavoro di pari valore”. L’obiettivo è ottenere la tanto agognata “trasparenza contributiva”, facendo girare al meglio i meccanismi della sua applicazione.
Non solo un onere di trasparenza, ma anche un intervento obbligato quando lo scarto si attesta oltre il 5%. Per non parlare della possibilità di richiedere un risarcimento in caso di discriminazione contributiva e della costruzione di un efficace sistema sanzionatorio che possa fungere da deterrente contro i ‘cattivi’ datori di lavoro.
Da un report pubblicato dal Sole24Ore si evince che la differenza nelle retribuzioni tra generi diversi sia rimasto pressoché invariato, i dati parlano chiaro: il 13% delle donne nell’Unione europea guadagnano meno dei loro colleghi uomini. Per non parlare del fatto che nel 2022, solo il 36% delle donne ha ottenuto un aumento salariale rispetto al 50% degli uomini (Adp Research Institute). Numeri ancora troppo scoraggianti per parlare di cambiamento in atto, è per questo che gli organi centrali stanno cercando di superare l’impasse. Non tamponare l’emorragia non farebbe che aumentare il rischio di farle finire in povertà.
La direttiva Ue nel dettaglio
Differenze di trattamento persistono negli ambienti di lavoro nonostante nel Trattato di Roma sia stato stabilito il principio di parità, già ampiamente recepito dall’Unione europea. Nella nuova direttiva le parole dell’Articolo 4 (Capo I) non lasciano spazio a interpretazioni: “Gli Stati membri adottano misure necessarie per garantire che i datori di lavoro dispongano di sistemi retributivi che assicurino la parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore”.
E non solo, perché di seguito (Capo II), nella sezione riguardante la trasparenza retributiva (Articolo 1) si legge che “i candidati a un impiego hanno il diritto di ricevere, dal potenziale datore di lavoro, informazioni sulla retribuzione iniziale o sulla relativa fascia da attribuire alla posizione in questione, sulla base di criteri oggettivi e neutri sotto il profilo del genere”. Oltre al fatto che il datore di lavoro non potrà rivolgere domande circa i compensi precedenti o attuali del candidato.
La novità più succosa riguarda il diritto dei lavoratori “di richiedere e ricevere per iscritto informazioni sul loro livello retributivo individuale e sui livelli retributivi medi, ripartiti per sesso, delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore”. Il compito dei datori di lavoro sarà quello di ricordare annualmente i dipendenti del loro diritto e delle modalità per esercitarlo; sono tenuti a fornire i dati non oltre i due mesi dalla richiesta.
Infine in virtù del principio sopracitato si evince che i lavoratori potranno diffondere liberamente l’entità dei propri compensi, senza vincolo alcuno. In questo senso ogni stato membro dell’Unione europea si impegnerà, attraverso misure mirate, nel vietare clausole contrattuali che limitino questa loro facoltà. Postilla chiarificatrice in chiusura circa la possibilità dei datori di lavoro di esigere che le informazioni fornite non vengano utilizzate per scopi diversi dal raggiungimento della parità salariale.