Con la bella stagione arriva anche la voglia di inviare gli amici per un barbecue in giardino, ma attenzione! C’è un pericolo che bisogna conoscere.
Solitamente il tempo perfetto per i barbecue all’aperto è la primavera, stagione in cui cominciano le belle giornate di sole e le temperature non sono troppo proibitive. Quando il caldo si fa troppo intenso, infatti, stare davanti alla griglia è una specie di supplizio e anche mangiare la carne rovente può essere meno piacevole.
Quest’anno tuttavia la primavera (ormai quasi terminata secondo la calendarizzazione ufficiale) è stata anomala in Italia. Per quasi tutti i tre mesi, infatti, ci sono state giornate nuvolose o piovose che hanno impedito agli italiani di godersi persino il periodo di aprile, mese in cui ci sono storicamente tanti ponti e festività in cui ci si riunisce per fare dei pranzi o delle cene tra amici.
Adesso che il tempo sembra essersi stabilizzato e che le temperature sono tornate nelle medie stagionali, più di qualcuno ha il desiderio di organizzare un barbecue a casa propria con gli amici. L’indecisione adesso riguarda due aspetti, uno correlato al clima e l’altro correlato alla tipologia di alimento da mettere sulla griglia.
Qualora infatti si tema il caldo eccessivo, si potrebbe optare per spostare la grigliata alle ore serali per evitare che la temperatura eccessiva rovini l’esperienza agli invitati e li porti a non avere troppa voglia di mangiare carne. Oppure optare per il pesce, alimento sicuramente più estivo e meno pesante da digerire.
Nel caso in cui decidiate di optare per la carne – alimento principe del barbecue – però dovete fare attenzione ad un pericolo invisibile che potrebbe rovinare la festa. Stiamo parlando del rischio di contaminazione della carne. Stiamo parlando in particolar modo delle zoonosi, ovvero delle infezioni causate dalle carni di animali infetti. Quando si ingerisce carne infetta, infatti, possono insorgere malattie come la brucellosi, la tularemia o la trichinosi. Ciò verifica principalmente con le carni di maiale, cinghiale e cavallo poco cotte.
La Trichinosi
Il pericolo forse più grande è rappresentato proprio dalla formazione della trichinosi. Questa, sebbene ormai si verifichi molto di rado, potrebbe verificarsi a causa della presenza delle larve di trichinella presenti nella muscolatura della carne che stiamo mangiando. Una volta che si consumano delle carni infettate dalla trichinella, si corre il rischio che i nidi presenti nei muscoli della carne ingerita si diffondano nel sangue di chi l’ha consumata.
Per evitare che questo accada bisogna consumare le carni di maiale, cinghiale e cavallo sempre ben cotte, così come la salsiccia fresca e gli altri prodotti derivanti dalla carne di maiale. Inoltre è bene evitare quella tipologia di muscolo dove le larve tendono a formarsi maggiormente. La trichinella infatti tende a formarsi principalmente nell’occhio, nella lingua e nei muscoli del torace.
Come si manifesta il contagio da trichinosi
In realtà può essere complicato riconoscere un’infestazione da trichinella. Alcuni soggetti, infatti, potrebbero non manifestare alcun sintomo, mentre altri manifestarne di lievi che possono essere confusi con altre patologie, parliamo infatti di lievi stati febbrili, oppure debolezza con diarrea e dolori addominali due giorni dopo l’infezione.
I sintomi più riconoscibili di una infestazione da trichinella si verificano a distanza di due settimane dall’ingestione della carne contaminata. Esattamente come negli animali, anche nel nostro corpo queste larve tenderanno a concentrarsi in alcune zone specifiche. Qualora le cisti si formino all’altezza degli occhi, potremmo avvertire pesantezza alle palpebre. Nel caso in cui invece siano concentrati nei muscoli della bocca potremmo avere difficoltà nella deglutizione (disfalgia) e nel parlare. Infine se si dovessero formare all’altezza dei muscoli del torace potremmo manifestare diarrea e rush cutanei che portano prurito.
Come si riconosce e come si previene la trichinella
Come detto il problema maggiore di questo tipo d’infezione – che può causare anche forti dolori – è che è difficile da diagnosticare. A differenza di altre malattie alimentari, infatti, non è possibile riscontrarla tramite un esame delle feci. Bisognerà invece effettuare delle analisi del sangue, ma anche in questo caso caso non è semplicissimo diagnosticare questa malattia.
La presenza delle larve può infatti essere intuita dal medico in base ad alcuni valori del nostro sangue. Un paio di settimane dopo l’ingestione di carni contenenti la trichinella, infatti, si formeranno nel nostro corpo degli anticorpi specifici per contrastare l’infiammazione. Inoltre potrebbero formarsi dei particolari globuli bianchi che il medico andrà a cercare solo qualora abbia il sospetto che si tratti proprio di trichinella.
Insomma la diagnosi può essere suggerita dai sintomi che manifestiamo e confermata dalla presenza di particolari anticorpi e globuli bianchi nel nostro sangue. Più raramente i medici procedono ad una biopsia del tessuto muscolare per cercare le cisti di trichinella. Questo esame è molto invasivo e sebbene dia l’assoluta certezza viene generalmente evitato. La cura viene fatta con antidolorifici e l’assunzione di antiparassitari come albendazolo e mebendazolo.
Come prevenzione, ciascuno di noi deve evitare di ingerire carne cruda o non propriamente cotta. Basta infatti sottoporre la carne ad una temperatura di 60° per far sì che le larve di trichinella vengano eliminate dall’alimento. Il pericolo può essere scongiurato anche con il congelamento della carne per un lungo periodo.