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LifeStyle

Ti senti sempre osservato e giudicato? Cos’è l’effetto Spotlight e quali sono le complicazioni

Spesso ci sentiamo sempre sotto osservazione e sottoposti al giudizio altrui. Potremmo essere caduti nell’effetto Spotlight.

Non è detto che le nostre percezioni e le nostre interpretazioni della realtà siano sempre a prova di bomba, anzi spesso e volentieri può essere proprio il contrario. Lo mostra proprio l’effetto Spotlight e tutte le complicazioni che possono derivarne.

La sensazione di essere sempre osservati e giudicati può essere collegata all’effetto «Spotlight» – grantennistoscana.it

È una sensazione inquietante: sentirsi sempre il giudizio degli altri addosso, come se avessimo un riflettore puntato contro che illumina ogni nostro minimo difetto. Una mega lente sopra l’occhio della gente che scruta i nostri più reconditi recessi, mettendoci in costante imbarazzo. Così magari basta una piccola imperfezione (le occhiaie, un brufolo sul viso) per farci andare in paranoia, convinti di essere circondati da una moltitudine di implacabili osservatori che non aspettano altro che puntare il dito su di noi per deriderci.

Sarà capitato a tutti di entrare in una stanza dove erano presenti altre persone e cominciare a pensare di avere gli occhi di tutti puntati su di noi. E anche di credere che tutte quelle persone fossero impegnate a sparlare di noi, tutte prese dal ridacchiare alle nostre spalle. Ma le cose stanno proprio così o stiamo semplicemente creando la classica tempesta in un bicchiere d’acqua? Davvero sono tutti occupati a osservare noi?

Effetto Spotlight, quando la luce del riflettore ci inganna

La risposta a queste domande è che sì, quasi certamente ci stiamo facendo un film, come si dice solitamente. Più precisamente siamo vittime dell’illusione di quello che è noto come «effetto Spotlight», traducibile letteralmente come «effetto riflettore».

L’effetto Spotlight può farci prendere per vere sensazioni che non lo sono affatto – grantennistoscana.it

In pratica questo effetto consiste nella tendenza a sovrastimare il grado di attenzione che gli altri rivolgono al nostro aspetto fisico o al nostro comportamento.  Insomma, è una delle tante illusioni che la mente umana si fa sullo stato del mondo e che portano a travisare sistematicamente la realtà.

Pensiamo di essere al centro della scena, di avere un riflettore puntato addosso che mette in evidenza ogni millimetro della nostra pelle. Salvo accorgerci poi che la realtà è molto più prosaica e che il riflettore illumina la nostra persona molto meno di quanto crediamo.

L’effetto riflettore mostra quanto la nostra percezione possa portarci talvolta a interpretare la realtà in maniera distorta. Facendoci credere che la percezione che abbiamo di noi stessi coincida alla perfezione con la percezione che gli altri hanno di noi.

Origini dell’effetto riflettore

Da dove viene l’effetto Spotlight? Si tratta di un meccanismo sostanzialmente inconscio e innato al quale siamo soggetti un po’ tutti, o almeno in gran parte. Potremmo dire che si origina dalla confluenza di due dimensioni paradossali, che sembrerebbero contrastarsi: la scarsa autostima e, al tempo stesso, la sensazione di sentirsi al centro dell’universo.

Stimarsi troppo poco e credersi al centro di tutto: ecco cosa origina l’effetto riflettore – grantennistoscana.it

L’essere umano, non si finirà mai di dirlo, è una creatura votata al paradosso: è capace di de-centrarsi e di parlare di sé in terza persona, vedendosi con gli occhi degli altri (o almeno di chiedersi come lo veda uno sguardo altro, diverso dal proprio). Naturalmente questa capacità di de-centrarci dal nostro ego non è prova di bomba. L’infallibilità non è una prerogativa umana. Nulla ci assicura che stiamo ragionando in maniera assolutamente obiettiva. Sono numerose infatti le interpretazioni errate dei fatti oggettivi e che sono frutto di effetti distorsivi.

Ad esempio nel suo libro Factfullnes il medico esperto di statistica Hans Rosling elenca almeno dieci comuni errori di interpretazione che ci fanno vedere il mondo molto più nero di quello che è in realtà. Ma naturalmente i pregiudizi che ci portano a formulare giudizi sbagliati sul reale sono molti di più.

Perché siamo convinti che gli altri stiano sempre così attenti a quello che facciamo

Tra questi c’è anche l’effetto riflettore, un errore di posizione che rende bene la percezione soggettiva che abbiamo di sentirci esposti e vulnerabili nei confronti della società. In fondo è la paura che questa si riveli quello che Platone aveva chiamato il «Grande Animale»: la società che si trasforma in un collettivo mostruoso e opprimente, che considera i propri membri come semplici, minuscoli ingranaggi e minaccia di soffocare e schiacciare le singole individualità.

Pensare che gli altri si preoccupino sempre di noi è il frutto di un’illusione ottica – grantennistoscana.it

Si tratta appunto di un effetto ottico dovuto al fatto che i primi a concentrarsi sui nostri difetti, sulle nostre difficoltà e sulle nostre insicurezze siamo proprio noi. E così finiamo anche per convincerci che pure gli altri ci vedano allo stesso modo, focalizzandosi su quello che non va in noi. Dimentichiamo che a loro volta le altre persone, in fin dei conti, fanno la stessa cosa: ovvero prestano attenzione innanzitutto a sé stesse, prima che far caso a noi.

Come ha detto qualcuno, ogni uomo è Narciso: guarda prima di tutto a sé. Sempre per questo, paradossalmente, ci sentiamo tanto osservati e sotto i riflettori, costantemente sottoposti al giudizio altrui. In realtà le cose stanno ben diversamente: il riflettore è meno onnipresente e abbagliante di quanto crediamo.

Un interessante esperimento sull’effetto Spotlight

A proposito dell’effetto Spotlight tempo fa presso la Cornell University, negli Usa, fu condotto un esperimento parecchio interessante. Gli sperimentatori chiesero a un gruppo di partecipanti di indossare per una giornata una maglietta che consideravano imbarazzante e di fare una stima calcolando il numero di persone che, a loro giudizio, avevano fatto caso a quell’indumento tanto ridicolo.

Gli psicologi hanno mostrato l’esistenza dell’effetto Spotlight con un esperimento – grantennistoscana.it

Successivamente i ricercatori fecero un sondaggio anche tra gli osservatori, in modo da verificare se la percezione dei partecipanti coincidesse con l’effettivo grado di attenzione degli osservatori verso la fatidica maglietta.

Inutile dire che i risultati furono alquanto sorprendenti e mostrarono la forza dell’effetto Spotlight: la percezione di noi stessi può essere molto differente rispetto a quella che gli altri hanno effettivamente di noi. Numerosi partecipanti all’esperimento della Cornell University infatti sovrastimarono abbondantemente il numero di persone dalle quali credevano di essere stati notati a causa della bizzarra maglietta che avevano addosso.

Gli esperti hanno spiegato l’effetto riflettore con l’attivazione di un meccanismo di ancoraggio e aggiustamento originato da un «bias egocentrico». In altre parole attribuiamo troppa importanza alle nostre azioni. L’essere umano tende sostanzialmente a vivere al centro del proprio mondo. E anche decentrandosi mantiene questa tendenza. Si sente cioè al centro anche dei mondi altrui. Un paradosso vivente, come dicevamo, tipico di una identità che non può che vivere in relazione con altre identità.

Non c’è solo l’effetto riflettore: altri fenomeni collegati alla sensazione di essere sempre osservati e giudicati

Ma non finisce qui. Collegati – e complementari – all’effetto Spotlight ci sono anche altri due fenomeni molto interessanti. Il primo dei due è conosciuto col nome di «realismo ingenuo». È quella inclinazione che ci spinge a credere che ci sia una perfetta coincidenza tra il mondo così com’è (realtà oggettiva delle cose) e il mondo come lo percepiamo (realtà percettiva delle cose).

L’effetto Spotlight si combina con altre interpretazioni erronee della realtà – grantennistoscana.it

Conseguentemente siamo portati a credere anche che chi non percepisce le cose come noi sia essenzialmente una persona in balia dell’irrazionalità, della disinformazione, animata da pregiudizi infondati e così via.

Il realismo ingenuo abbinato all’effetto riflettore si può tradurre nella totale capacità di prendere in considerazione l’idea che le altre persone non siano poi così concentrate su di noi, almeno non nella misura che immaginiamo.

Quella illusione di essere trasparenti

C’è poi il secondo fenomeno solitamente collegato all’effetto Spotlight. È la cosiddetta «Illusione della trasparenza» che ci induce invece a sovrastimare la capacità degli altri di riconoscere con facilità emozioni e pensieri che proviamo. Siamo un po’ tutti convinti di essere dei libri aperti, di essere trasparenti agli altri. Nulla di più sbagliato: l’interiorità, per forza di cose, non può avere la stessa evidenza delle manifestazioni fisiche del nostro corpo (e, se ci pensiamo, è pure un bene che sia così).

In riferimento all’effetto riflettore, dunque, l’illusione della trasparenza ci convince che la nostra condizione di disagio sia immediatamente visibile agli altri, come se fosse manifesta e palese, quando esibiamo un nostro difetto o qualunque altro elemento che per noi è fonte di insicurezza, vergogna e imbarazzo.

Tutti questi errori interpretativi sono la testimonianza concreta, in un certo senso, dei nostri umanissimi limiti. Che coinvolgono anche le nostre percezioni e i giudizi che formuliamo sulla realtà delle cose, che spesso non sta esattamente come pensiamo noi.

Effetto riflettore: quando può fare parecchi danni

Essere consapevoli dell’esistenza di fenomeni come questi rivesta una grande importanza. Sul piano individuale infatti l’effetto Spotlight presenta importanti implicazioni per la salute mentale. Soggiacere in maniera esagerata all’effetto riflettore può far maturare pensieri estremamente rigidi su di sé. Il che significa nutrire aspettative sproporzionate sulle proprie prestazioni.

Quando prende il sopravvento nella nostra vita, l’effetto Spotlight può essere molto dannoso per la psiche – grantennistoscana.it

Tuttavia standard troppo esasperati di regola sono abbinati a una grande paura del fallimento, di non riuscire a impressionare positivamente gli altri con la propria performance. Di conseguenza ci si sforza quasi maniacalmente di proiettare all’esterno la migliore immagine di sé. In situazioni più rilassate questo approccio può fungere da stimolo per impegnarsi a dare sempre il massimo, ma in casi come questi diventa una maschera che ci rende assolutamente dipendenti dal giudizio e dall’opinione degli altri.

In particolare chi soffre di fobia sociale inoltre ha facilmente la tendenza a sentirsi osservato come se fosse sempre sotto i riflettori e a maturare opinioni di sé molto negative. Il problema è che mettendo in piedi standard di performance troppo elevati e dunque praticamente irraggiungibili, davanti agli inevitabili fallimenti si arriva con altrettanta facilità a dubitare delle proprie capacità di comunicare alle altre persone un’immagine positiva di sé.

Come uscire dal cono del “riflettore”

Tutte queste credenze disfunzionali possono impattare pesantemente sulla salute psichica. Motivo per il quale da tempo molte terapie – per esempio la terapia cognitivo-comportamentale – includono al loro interno svariate strategie di de-biasing.

La già menzionata terapia cognitivo-comportamentale si prefigge, quale scopo primario, di arrivare a identificare a correggere le razionalizzazioni distorte, oltre che monitorare i ricorrenti pensieri negativi per sostituirli con interpretazioni più aderenti alla realtà delle cose e delle situazioni.

Dato che tutti noi trasformiamo in principale unità di misura della nostra esperienza i pensieri, le percezioni e le sensazioni della nostra mente è facile incorrere in un rischio. Quello di dare per scontato che quanto è importante per noi debba esserlo automaticamente anche per chi ci circonda. Non è così e prendere coscienza dell’esistenza dell’effetto riflettore – e dei rischi che questo può generare quando diventa predominante nella nostra esistenza – può rappresentare un primo step per rafforzarci e preoccuparci un poco meno delle nostre insicurezze e dei nostri difetti.

Poco alla volta potremo così imparare ad accettare con più serenità i nostri limiti, con notevole beneficio per la nostra autostima, la salute mentale e la nostra vita di tutti i giorni, a partire dai gesti più ordinari e dalle abitudini quotidiane.

Emiliano Fumaneri

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