Ancora un infortunio per il campione ampiamente in credito con la sfortuna. Guai fisici a raffica che non fanno ben sperare gli appassionati.
Fan in apprensione dopo l’ultima brutta caduta che lo ha costretto a ritirarsi dagli Us Open dopo un esordio che aveva suscitato ottimismo.
È ancora calvario per Matteo Berrettini. Preoccupa parecchio il suo ultimo infortunio agli Us Open, solo l’ultimo di una lunga serie di guai fisici che da anni tormentano il forte tennista romano. Anche quest’ultima annata purtroppo non ha fatto eccezione. Inutile dire che, per il suo stile di gioco muscolare e esplosivo (non per nulla è soprannominato “The Hammer”, il Martello), anche più di altri tennisti Berrettini ha bisogno di una “macchina” ben oliata e messa a punto per competere ai massimi livelli della racchetta.
Non ci voleva dunque l’ennesimo infortunio. Soprattutto un incidente come quello che gli è capitato sul cemento di Flushing Meadows, al secondo turno degli Us Open. La giornata già non si era messa bene per lui, in grande sofferenza nel match contro il francese Arthur Rinderknech, numero 73 al mondo. Una sfida inedita per Berrettini, che invece occupa il 36° posto nel ranking ATP, molto lontano dal suo miglior piazzamento: la sesta posizione del 2021, anno in cui aveva centrato una storica finale a Wimbledon.
Che sarebbe stata durissima per Berrettini, che nel 2019 arrivò alle semifinali dello Slam di New York, si era intuito già dal sesto game del primo parziale (sul punteggio di 3-2 per il francese), quando per ben tre volte è riuscito a salvarsi per il rotto della cuffia dal break, chiudendo infine con la volée di rovescio un prezioso ma stentatissimo 3-3.
Un rischio che si ripresenta all’ottavo game che vede l’azzurro costretto a salvare due palle break per mantenere la parità. Alla fine però il francese gli strappa il servizio e Berrettini deve cedere il set per 6-4 a Rinderknech. Strada subito in salita per il romano, col servizio che non lo assiste e si aggiunge a scompostezza e scarsa mobilità.
Il secondo set non sta andando molto meglio quando succede il fattaccio: musica praticamente invariata con Rinderknech che sfiora il break già nel primo game, trovandolo al terzo tentativo nel sesto. Sul 3-5 Berrettini ha un sussulto: riesce a procurarsi la prima (e unica) palla break del match al momento di ricevere e evitare di perdere anche il secondo set. Ma proprio mentre è impegnato a produrre il massimo sforzo per stare nel parziale lo tradisce il fisico: la caviglia gira male e fa crack facendolo ripiombare nell’incubo.
Niente rimonta per Berrettini, che si distorce malamente la caviglia destra verso la fine del secondo set, sul 5-4 per il francese, mentre cerca di salvare il set point nel secondo parziale.
Già sotto di un set e nella scomoda situazione di doversi difendere dal servizio di Rinderknech, il campione italiano cade mentre tenta di allungarsi per ribattere il colpo dell’avversario. Urlo lacerante per lo sfortunato tennista romano che viene anche soccorso con un certo ritardo dal team medico.
Berrettini si infortuna alla caviglia destra procurandosi anche un taglio al gomito (che però non è la notizia più preoccupante). Unica buona notizia nella sfortuna: Matteo esce dal campo zoppicante, ma con le proprie gambe, accompagnato dagli applausi del pubblico ben conscio del dramma che sta vivendo.
Decisamente un anno nero il 2023 per il tennista nato a Roma il 12 aprile 1996. Rinderknech invece vola per la prima volta al terzo turno degli Us Open per incontrare il forte russo Andrej Rublev (numero 7 al mondo).
Apparentemente l’infortunio capitato a Berrettini assomiglia a quello occorso quasi un anno e mezzo fa a Sascha Zverev, crollato sul terreno del Roland Garros durante l’incontro con Nadal. Le sue urla disperate sul centrale di Parigi sono ancora impresse nel ricordo degli appassionati di tennis. Dopo una tremenda torsione alla caviglia il tedesco fu costretto a uscire con le stampelle. L’infortunio fu gravissimo e di fatto mise fine alla stagione di Zverev.
Forse le urla di Berrettini sono state meno impressionanti di quelle di Sascha. La speranza è quella che anche l’infortunio patito agli Us Open sia meno grave. Purtroppo alla fine il tennista, non riuscendo ad appoggiare bene il piede, ha dovuto abbandonare l’impianto sulla sedia a rotelle. C’è apprensione per le condizioni del gigante romano.
Per avere notizie più precise sull’entità della distorsione e sui possibili tempi di recupero si dovranno attendere gli esami. Difficile certo pensarlo in campo nella sfida di Coppa Davis che vedrà impegnata la squadra italiana a Bologna da mercoledì 13 a domenica 17 contro Canada, Cile e Svezia.
Una brutta botta per Berrettini. Eppure la sua avventura newyorkese sembrava essere iniziata sotto tutt’altri auspici. Quello che aveva piegato in tre set l’insidioso Ugo Humbert (un altro francese) sembrava davvero un Berrettini ritrovato, dopo un’altra stagione complicata oltremodo dagli infortuni.
Le insidie potevano provenire dal colpo mancino del francese, ma Matteo è riuscito a regolarlo in tre set (6-4 6-2 6-2 i parziali) mettendo in mostra un gioco d’altri tempi, col suo solito martello in buona forma. L’azzurro al primo turno è apparso attento, concentrato, pronto a difendersi e ad attaccare. Più rapido del solito, Berrettini ha chiuso senza particolari patemi una partita dominata dall’inizio alla fine.
Il campione italiano è sembrato ancora lontano dai suoi abituali livelli (62% alla prima), ma gli 11 aces tutti ben piazzati facevano ben sperare che il romano fosse sulla buona strada per il recupero. Un’iniezione di fiducia però svanita in un attimo con lo sventurato epilogo del torneo.
Non ci voleva questa ennesima battuta d’arresto. Il ko di New York è solo l’ultimo di una serie infinita che in tre anni lo ha portato a “collezionare” ben 11 infortuni. Una lista nera che si è allungata con la caduta agli Us Open. I guai fisici di Berrettini erano cominciati con l’infortunio agli addominali – punto dolente del tennista – che a inizio gennaio 2020 lo aveva costretto a dare forfait alla ATP Cup e successivamente a ritirarsi anche dall’ATP di Buenos Aires.
Nuovamente problemi agli addominali nel 2021 e altri due ritiri: il primo agli Australian Open di inizio anno (agli ottavi con Tsitsipas), che gli era costato uno stop fino ad aprile. Poi è arrivato l’infortunio novembrino agli addominali alle ATP Finals che lo ha tenuto fuori fino a fine stagione.
Da qui in avanti un crescendo rossiniano di nuovi problemi e ricadute. Nel 2022 gli infortuni saranno quattro: di nuovo gli addominali ad Acapulco al debutto con Tommy Paul. Risultato: fermo dal 23 febbraio al 7 marzo. Poi arriveranno gli infortuni al mignolo della mano destra (stop dal 25 marzo al 6 giugno), la positività al Covid che lo costringe a rinunciare a difendere la finale conquista a Wimbledon e, infine, il problema al piede sinistro a Napoli dove arriva in finale ma, condizionato dal piede malconcio, finisce per perdere con Musetti.
Sempre il problema al piede lo tiene ai box a Vienna e Parigi Bercy. L’azzurro riesce a rimettere piede in campo – in condizioni non ottimali – nelle Finals di Coppa Davis. Gioca soltanto il doppio decisivo contro il Canada, perso insieme a Fognini.
A inizio di quest’anno le cose sembravano essere migliorate sul piano fisico. Ma ancora ad Acapulco un altro problema lo costringe al ritiro contro Rune. Stavolta è il polpaccio destro a tradirlo. Uno stop di pochi giorni che però compromette la continuità stagionale. Gli addominali tornano a farsi sentire, con due stop a Montecarlo (12 aprile) e al Queen’s (18 giugno). Ultimo infortunio, come visto, la rovinosa caduta del 31 agosto agli Us Open.
Una raffica di infortuni che già da diverso tempo ha fatto sorgere interrogativi sulla tenuta fisica ad alti livelli del 27enne romano, già entrato nella storia del tennis nostrano per la sua partecipazione alla finale sull’erba di Wimbledon, alla semifinale degli Australian Open e quella degli Us Open (unico italiano finora a spingersi tanto in là).
La via crucis di Berrettini sembra suggerire che il fisico, nel pieno della maturità tennistica, stia dando preoccupanti segni di cedimento. Possibile che il fisico dell’allievo di Vincenzo Santopadre sia arrivato al limite? La costruzione della struttura del tennista azzurro – non certo un colosso da ragazzo – è stata, si sa, il frutto di un lavoro graduale e progressivo.
Una struttura che poggia su un fisico longilineo dove gambe lunghe sono costrette a reggere il peso di un busto possente. Non a caso a inizio carriera il problema spesso erano le caviglie. Un problema che potrebbe essersi ripresentato con la caduta che ha segnato in negativo il suo cammino a Flushing Meadows costringendolo ad alzare bandiera bianca? È presto per dirlo.
Certo resta un inquietante interrogativo, ovvero se Berrettini riuscirà a rimanere quello di sempre – un top player, uno dei più forti tennisti italiani di ogni tempo e la punta di diamante del tennis di casa nostra insieme a Jannik Sinner – senza infortunarsi continuamente.
Chi ama il tennis e i campioni come Berettini non può che sperare che la risposta sia positiva. E non può che augurare al tennista romano di tornare presto a rialzarsi, più forte di prima. Nulla purtroppo è mai garantito nello sport dove fin dall’Antichità è ben noto, con Pindaro, che «la vittoria non dipende dagli uomini, è la divinità che la dona».
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