L’Agenzia italiana per il farmaco fa dietrofront sulla Vitamina D: ecco la nota pubblicata in Gazzetta ufficiale.
È stata appena pubblicata sulla Gazzetta ufficiale la nota n. 96/2023 con cui l’Aifa (Agenzia italiana per il farmaco) dà un giro di vite alla vitamina D. L’aggiornamento è frutto dell’analisi di due studi condotti su un’ampia popolazione seguita per 3 e 5 anni: uno americano, pubblicato sul Nejm nel 2022, e uno europeo, presentato nel 2020 dalla rivista Jama. Cosa cambia d’ora in avanti?
Innanzitutto l’Aifa rivede la sua posizione rispetto all’efficacia della vitamina D nella prevenzione del rischio di fratture. La sua assunzione “per diversi anni non è in grado di modificare il rischio di frattura nella popolazione sana, senza fattori di rischio per osteoporosi”. In un campione di età media tra i 50 e i 60 anni come quello dei due studi di cui sopra, in altri termini, la sola vitamina D non mette al riparo dal rischio di fratture. Ma non è tutto.
Nel documento citato, l’Aifa riduce anche da 20 a 12 ng/mL (o da 50 a 30 nmol/L) il livello massimo di 25-idrossivitamina D sierica necessario ai fini della rimborsabilità. Al di sopra di tali soglie, dunque, il Servizio sanitario nazionale non rimborserà più l’integratore.
Nella nota c’è inoltre un paragrafo sul nesso tra i benefici dell’ormone e il Covid. Come ha chiarito la presidente della Società italiana di endocrinologia (Sie), Annamaria Colao, in un’intervista a Virgilio Notizie, la vitamina D “è un immunomodulatore potente, il che significa che ha un effetto positivo nel rafforzare il sistema immunitario, ma questo non vuol dire che serve a combattere la malattia Covid”. Dunque “se ci si è ammalati occorre seguire una terapia che preveda antivirali o anticorpi monoclonali – spiega la Colao -. Non di certo la sola vitamina D, che casomai – ricorda la professoressa – potrebbe servire ad aumentare le difese immunitarie prima del contagio“.
La stessa Colao tiene a precisare che la vitamina D non è una cura, ma casomai una prevenzione da seguire soprattutto entro i 30 anni. “Può servire – spiega la dottoressa- a evitare il rachitismo nei bambini oppure può essere utile per le donne in gravidanza”. Dunque non si tratta una terapia, ma una forma di prevenzione. D’altro canto sarebbe sbagliato dire che non serva tout court.
Inoltre ca ricordato che a livello di prevenzione la vitamina D interviene nella riduzione dei rischi di malattie importanti – da quelle metaboliche, come il diabete, a quelle cardiocircolatorie, oncologiche o autoimmuni – o a mitigarne gli effetti.
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